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Non solo Esaote. Serve lo sciopero generale cittadino

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qui il nostro articolo precedente su Esaote

Continua la mobilitazione dei lavoratori Esaote e delle Officine Ratto contro il piano industriale che prevede solo a Genova ben 120 esuberi e lo spacchettamento dell’azienda fino alla sua vendita. La lotta è in un momento difficile in quanto la proprietà sembra inscalfibile e negli incontri di mediazione con i rappresentanti dei lavoratori continua a non voler trattare ripresentando il piano industriale inalterato. Gli incontri con le autorità locali sembrano non portare a nessuno sblocco della vertenza. La ritrasformazione in area industriale del polo di Via Siffredi (che il PUC prevedeva in trasformazione ad area commerciale) che potrebbe essere un modo per inceppare i piani di dismissione dell’azienda continua a non essere approvata dal comune di Genova nonostante l’impegno preso davanti ai lavoratori. In generale le mediazioni sembrano finite davanti all’arroganza della proprietà che ha già inviato decine di lettere di cassa integrazione immediata a zero ore. Il clima che si respira nei cortei ed in azienda è sconsolato anche se nessuno vuole mollare.

Abbiamo già raccontato i contorni della vicenda Esaote che si inquadra in un percorso generale di dismissione dell’industria italiana e genovese in particolare. Sestri Ponente è da mesi al centro di un preciso progetto politico di dismissione del patrimonio industriale della città.

La vicenda Piaggio, nonostante un accordo sofferto e per certi versi assolutamente inadeguato è ben lungi dall’essere esaurita in quanto il rispetto dei patti tra sindacato, azienda e politica è assolutamente in forse. La vicenda ILVA va ben al di là del pagamento di alcune indennità. Mentre continue nubi si addensano su Selex, Ansaldo, sulla Fincantieri.

Al di là di singole resistenze, appare evidente come i margini per una trattativa separata azienda per azienda si riducano al lumicino. La politica, se spronata, non va al di là di generiche promesse (oggi, Sergio Cofferati ha promesso ai lavoratori Esaote/Ratto una interpellanza parlamentare a Bruxelles…) mentre costantemente lavora per creare le condizioni della desertificazione industriale che fa finta di contrastare. I posti di lavoro si perdono perché i lavoratori e il sindacato sono sempre più deboli e isolati mentre i padroni si permettono di dettare legge.

L’unica possibilità per i lavoratori è la lotta ma questa, per essere incisiva, deve per forza trasformarsi in una lotta politica. Lo sciopero generale cittadino a difesa dell’industria è oramai l’unica forma reale di pressione dei lavoratori contro l’arroganza dei padroni e l’insipienza della politica genovese. La piattaforma è già scritta: nessun posto di lavoro deve essere perso.

I lavoratori delle singole aziende (dalle lotte AMT, fino alle vicende Fincantieri ed ILVA) hanno già dimostrato di sapersi muovere con forza ottenendo risultati parziali. Le vertenze dove i lavoratori sono più deboli (oggettivamente e soggettivamente) non possono essere lasciate da sole.

Lo sciopero è una esigenza per difendere tutti i lavoratori e creare le condizioni per una inversione di tendenza contro una politica che aiuta a distruggere i posti di lavoro, privatizza tutto ciò che rimane pubblico e sta dalle parte dei padroni, dei banchieri e degli speculatori. Non raccogliere questa esigenza significa tradire la classe operaia genovese e aiutare il processo di impoverimento della città.