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Lavarsi la coscienza a Gorino

gorino-675-2-675x275-1Sulla gravità dei fatti di Gorino e sulla cronaca dei fatti non torniamo. Un gruppo di cittadini aizzati dalla peggior feccia fascista che impedisce l’arrivo di pochi profughi, tra cui una donna incinta, non merita commenti. È solo l’ultimo di una serie di fatti inquietanti che, effettivamente, danno il segno di un imbarbarimento della coscienza di ampie fasce della popolazione. Se è così, la cronaca non può fare a meno di registrare lo stato dell’arte gridando ai quattro venti la propria giusta indignazione.

Il problema è che l’imbarbarimento delle coscienze non è mai un dato del destino e non è mai frutto di complotti, ma deriva da situazioni reali. Per rispondere con durezza esistono quindi solo due strade: o si affrontano le questioni reali che portano alle Gorino d’Italia o si fa della facile sociologia e si trasformano intere popolazioni in zoticoni di infimo livello che avrebbero scordato il valore della solidarietà umana. Tra le due opzioni scegliamo la prima.

La prima cosa banale da dire è che a Gorino non è stata la popolazione a erigere barricate, ma un gruppo di cittadini guidati da esponenti fascisti e leghisti. La stragrande maggioranza della popolazione non ha partecipato e non ci risulta che si vanti di quanto accaduto. I reportage giornalistici e le interviste mirate del giorno dopo rappresentano, come è tipico dell’informazione di regime italiana, la volontà di dipingere una situazione il cui contesto economico e sociale è volutamente escluso da ogni analisi. Ciò che si vuol dipingere è una intera fascia di popolazione come regredita a un livello animale. L’impoverimento di interi settori della popolazione italiana dovuto alla gestione della crisi economica o alle scelte politiche governative non rientra tra i fattori che hanno influenza in questi casi. Ciò è assolutamente in linea con quanto ci viene raccontato dell’Italia divisa tra buoni e cattivi in cui la lotta è tra i democratici colti e solidali (alla Matteo Renzi) e i trogloditi ben rappresentati da Matteo Salvini. Qui non si tratta ovviamente di salvare il becero leader della Lega, ma di chiarire che si tratta di una realtà artefatta e distorta a beneficio di qualcuno, con interessi ben delineati.

Da parecchio tempo, infatti, i media hanno deciso che la battaglia politica deve essere svolta tra una elite cosmopolita, europeista e innovatrice, ben rappresentata dal PD e dai suoi alleati, e una barbarie xenofoba, rappresentata dalla Lega. Che questa divisione sia costruita ad arte e che i due Matteo siano due facce della stessa medaglia non viene in mente a nessuno.

Che la crisi economica abbia ridotto le speranze di futuro di milioni di cittadini colpendo lavoratori e classi medie e che questo sia il risultato concreto di politiche liberiste scellerate non deve essere detto. Che i migranti e i profughi scappino da guerre sanguinose in cui l’Italia è coinvolta direttamente o indirettamente, neppure. Che la gestione dei flussi migratori sia un esempio di ipocrisia e scelte molto discutibili, neppure.

Quale differenza politica reale ci sia tra i governi che aboliscono Schengen e chiudono i confini deportando donne e bambini con la forza e un gruppo di cittadini che impedisce l’arrivo di un pullman non viene neppure considerato.

Su questa rimozione si gioca una partita decisiva. Una parte della sinistra preferisce gridare allo scandalo e si chiede dove sia finita la solidarietà, dimenticando che per la storia del movimento operaio questa non è mai stata un dato ideale, semmai un dato concreto all’interno della lotta tra le classi. Gridare che il proletariato non ha nazione e a dividerci non è la razza ma il capitale è giusto e ha un senso se davvero riusciamo a coinvolgere i cittadini in una lotta concreta per migliorare le condizioni di vita di tutti.

È quindi vero ciò che sostiene una parte della cultura della sinistra: la questione di Gorino ci obbliga a interrogarci sul serio sulle condizioni culturali in cui viviamo e ci obbliga ad agire con la radicalità necessaria. Solo non crediamo che il problema sia semplicemente la propaganda xenofoba e la scarsa cultura di una parte di popolo, bensì l’applicazione concreta di una politica di impoverimento che crea le condizioni per la guerra tra i poveri, le alimenta e ne sfrutta i conflitti più beceri per autoassolversi.

Lo abbiamo detto milioni di volte, a rischio di diventare noiosi. Che in Italia ci sia il 40% di disoccupazione giovanile e quasi nessuna speranza di un futuro degno per una intera generazione, che farsi curare da un ospedale pubblico diventi sempre più difficile per chiunque non possa permettersi strutture private, che il servizio pubblico venga smantellato e le tariffe siano sempre più care, che ogni attività produttiva venga chiusa o trasferita all’estero, è colpa degli abitanti di Gorino e della loro ristretta cultura o è il significato concreto dell’applicazione delle politiche neo capitaliste?

In questa situazione è così assurdo che gli abitanti abbiano paura o si richiudano in se stessi? È così difficile da capire che razzismo, ignoranza e xenofobia sono alimentati dai fascisti ma trovano terreno fertile nell’azione di quei politici che con l’antirazzismo si lavano la coscienza facendo dimenticare che tutto dipende dalla loro fedeltà a un sistema economico fallimentare?

Razzismo e xenofobia si combattono in tanti modi. Alcuni sono efficaci, altri sono inutili.

Noi pensiamo che occorra lavorare per combattere le cause e sconfiggere un blocco di potere che sfrutta tutti indistintamente: i cittadini italiani tagliando diritti e tutele e gli immigrati facendoli lavorare gratis, deportandoli ai confini, manganellandoli a Ventimiglia o a Calais. Altri pensano di continuare in questo modo sollevandosi indignati contro fascisti e xenofobi che loro stessi alimentano. Questione di scelte e di prospettive diverse.