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Verso l’accordo Grecia-UE. Un passo indietro che annuncia una valanga

Leggiamo queste righe provenienti dall’ufficio stampa di Syriza in Italia sull’accordo che sembra essere stato raggiunto tra il governo ellenico e i creditori:

La proposta del governo non rappresenta parte del suo programma. Rappresenta il risultato di duri e difficili negoziati per trovare un accordo che non pregiudica i diritti del lavoro, non dissolve il tessuto sociale e offre una prospettiva. Una proposta che non condanna il paese in una dura austerità e offre una soluzione sostenibile per l’economia greca, senza gravare sui redditi bassi e medi. Il governo non sta cercando un’altro accordo che prolungherà l’incertezza, ma rivendica una soluzione in grado di risolvere le questioni di medio termine che affliggono l’economia e la società greca…

Sulla base di queste premesse, a cui fa seguito un’analisi dettagliata delle proposte del Governo Tsipras, si capisce fin da subito che è lo stesso Governo ad annunciare che una linea è stata varcata e che il programma elettorale è un ricordo.

Avremo tempo nei prossimi giorni di valutare con attenzione i termini del protoaccordo siglato ieri a Bruxelles (che dovrebbe essere ratificato nei prossimi giorni), nel frattempo possiamo registrare che le proposte che circolano rappresentano una sconfitta cocente delle aspirazioni dei lavoratori greci. Si preannunciano norme sulle pensioni, l’aumento delle tasse sui consumi e nuove privatizzazioni. All’interno di queste norme si evidenzia che il Governo greco cede mantenendo alcuni punti fermi (le aliquote colpiranno soprattutto i redditi alti e le imprese, le privatizzazioni prevedono l’intervento di capitali pubblici) che fanno comunque arrabbiare i commentatori liberali come si evidenzia in un primo commento sul Sole 24 ore(1) attento a valutare luci e ombre di un accordo che scontenta anche i padroni:

Dapprima viene fornito un quadro generale del compromesso politico:

Il più esplicito è stato il duro presidente polacco del Consiglio europeo, Donald Tusk, quando ha ammesso che finalmente c’erano delle concessioni da parte di Atene sul piatto dei negoziati. Alexis Tsipras, il premier greco, ha fatto finalmente la “capriola” politica che gli permetterà di ammansire l’ala sinistra di Syriza, che detiene i 30 voti necessari per far passare l’accordo nel parlamento di Atene, aumentando le tasse per le imprese, i contributi previdenziali e sanitari di lavoratori e aziende, varando una tassa di solidarietà speciale per chi guadagna più di 30mila euro. Tutto per salvare le pensioni e i salari dei dipendenti pubblici già tagliati negli ultimi cinque anni precedenti di austerità a tappe forzate…

Vengono sottolineati i sacrifici richiesti alle imprese:

Per aumentare gli incassi Tsipras ha proposto una speciale tassa del 12% sulle aziende che realizzano un utile annuale di oltre 500mila euro ed una “tassa di solidarietà” per chi guadagna oltre 30mila euro l’anno. Previsto anche l’aumento della corporate tax (l’imposta sui redditi d’impresa) dal 26 al 29 per cento a partire dal 2016. Una mazzata per il fragile sistema industriale greco fatto di piccole e medie imprese. L’obiettivo di Atene è spostare il peso delle tasse dai dipendenti e pensionati ai ricchi e alle imprese. Questa manovra però riduce la competitività delle imprese greche che faticosamente stavano risalendo la china, recuperando posti nella speciale classifica stilata dalla World bank…

Si conclude con un giudizio piuttosto tranciante:

Il conto per le imprese e dipendenti è alla fine molto salato. Con buona pace del faticoso recupero di competitività per aumentare l’export dei pochi prodotti greci che hanno uno sbocco oltre confine.

Ovviamente la questione può essere affrontata da diversi punti di vista; il Governo greco sostiene di aver ottenuto il risultato di presentare proprie proposte e di non aver accettato i diktat dei creditori. Questa rappresenta una vittoria su una sovranità politica del tutto formale che non impedirà alle nuove norme di gravare sul complesso dell’economia greca e sulle condizioni di vita dei lavoratori. Contemporaneamente si ammette di non aver ottenuto nulla sul fronte del debito pubblico e sulla sua “ristrutturazione”. Questo punto ci sembra quello più importante: se non si affronta tale questione, l’accordo che sta per essere siglato è solo il primo di una lunga serie che andrà a costituire la normale prassi di accordi a perdere.

Nei giorni scorsi si sono evidenziate ancora di più le contraddizioni in cui si dibatte il nuovo governo greco impegnato al rispetto di alcuni parametri di manovra che non mettono in contrapposizione i diritti dei lavoratori e i diritti dei creditori. La corsa ai bancomat con i prelievi dei patrimoni da parte dei cittadini è esattamente quello che succede quando un governo non ha il coraggio di mettere sotto controllo il sistema bancario e continua ad agire secondo il parametro che rappresenta un dogma del diritto liberale. Secondo questi dogmi “inviolabili” anche un aumento della tassazione per le imprese o per le fasce più abbienti rischia di essere un boomerang in quanto il sistema imprenditoriale e finanziario ha i rapporti di forza per scaricare le difficoltà sui lavoratori.

L’accordo che si profila tra la Grecia e l’Unione Europea è quindi particolarmente pericoloso perché formalmente colpisce soprattutto  alcune fasce più abbienti ma non tiene conto del fatto che senza ribaltamento dei rapporti di forza questo significherà una ulteriore stretta nei confronti di chi lavora o è in sofferenza.

Chi oggi parteggia per questo accordo trovandolo positivo continua quindi a ragionare in un’ottica totalmente superata: l’aumento di tasse verso le imprese o verso le fasce protette era un’ipotesi percorribile trenta anni fa in cui le risorse della produzione potevano servire per redistribuire reddito mantenendo contemporaneamente alti i profitti e la competitività delle imprese. Oggi la situazione è totalmente ribaltata e il complesso di norme politiche varate su pressione dell’Unione Europea servono sostanzialmente per salvare il residuo sistema produttivo e la speculazione finanziaria scaricando il costo sui lavoratori: a questo si può rispondere solo con una azione decisa che ribalti i rapporti di forza, che impedisca la fuga dei capitali e respinga al mittente ogni accordo che è impossibile non solo per la cattiveria dei creditori ma che è inscritto nella fase economica generale.

Un ulteriore rischio, come sottolineavamo anche in precedenti interventi è che Syriza perda l’appoggio popolare e deprima le speranze di cambiamento che si affacciano in diversi paesi europei. Questo appoggio popolare che fino ad oggi, nonostante le ambiguità di Syriza, è rimasto costante non può però essere considerato come un appoggio a prescindere: nei giorni scorsi il PAME e altri sindacati greci hanno manifestato in piazza contro gli accordi a perdere e la sinistra di Syriza sembra molto insoddisfatta degli accordi che si profilano. In tutta Europa nei giorni scorsi si è manifestato a sostegno della battaglia di Syriza ma soprattutto contro i diktat dell’austerity. Oggi la sinistra greca ha la responsabilità di non cedere e di scatenare una forza popolare che deve essere in grado di forzare il processo di ribellione contro i creditori, contro l’austerità e contro le debolezze e le concessioni del governo.

La fase di contrapposizione e le contraddizioni nel meccanismo neoliberista europeo che si sono evidenziate con la vittoria di Syriza in Grecia sono ancora aperte.  Queste crepe si possono ancora allargare o possono essere chiuse, ciò dipende da molti fattori ma tra questi c’è la forza e la lucidità del movimento dei lavoratori e dei movimenti sociali che non devono fare un passo indietro.

(1)    http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-06-22/pensioni-iva-tasse-cosa-manca-all-accordo-europa-e-grecia-205931.shtml?uuid=ACeQG5E&cmpid=nl_7%2Boggi_sole24ore_com