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La brexit e noi

cropped-cropped-citystrike.jpgLa vittoria del leave al referendum sull’Unione Europea ha, come era prevedibile, mandato in fibrillazione l’intero establishment europeista, ha seminato il panico nelle borse e crea una contraddizione gigantesca in un processo di integrazione che è in crisi profonda da anni. Su questo non torniamo e mandiamo al nostro precedente articolo (link a “L’unione Europea è una tigre di carta). Questo risultato apre però anche una enorme contraddizione all’interno delle sinistre europee. Vale la pena di analizzarlo.

Leggendo i giornali dei padroni e della finanza internazionale (il 95% dei media disponibili sul mercato) la vittoria sarebbe infatti una vittoria della destra xenofoba e fascista. Ad esultare sarebbero solo Farage e Salvini. Cosa c’entriamo quindi noi? Siamo forse impazziti?

Cerchiamo di ragionare con calma e proviamo a uscire da un meccanismo infernale costruito ad arte. Da anni, l’establishment capitalista europeo, cerca di sostenere i propri rappresentanti politici (in Italia Renzi, in Inghilterra prima Blair e poi i conservatori): questo è normale e corrisponde agli interessi dei padroni dell’informazione. Da qualche anno, tuttavia, ha deciso di stabilire anche quale opposizione è tollerabile o utile ai propri interessi. Conta poco il livello di mentalità democratica e civile che l’opposizione di sua maestà esprime. Se è utile sarà il caso di indicare nei vari Salvini, Farage o Le Pen l’alternativa. Questo giochino è utile ai padroni perché rende tutto più semplice: si costruiscono narrazioni politiche in cui da una parte esiste la civiltà, la democrazia e il libero mercato, dall’altra il razzismo, il fascismo e la xenofobia. Si tratta, come è evidente, di un giochino ideologico e pericoloso perché alimenta la peggior destra ma lo usano lo stesso.

Nel caso della brexit questo metodo non ha ottenuto il risultato sperato ma ha instillato in larga parte dell’opinione pubblica l’idea che l’uscita dall’Unione Europea sia di per sé reazionaria. Ma è davvero così?

Uscire dalla UE significa, in effetti, tante cose. Per i cittadini greci significava uscire dal meccanismo infernale dei memorandum. La Trojka (Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea) è l’ente che detta le politiche economiche ai paesi dell’unione. Per vari anni questi enti sono stati ritenuti responsabili dei peggiori crimini contro i lavoratori in tutto il mondo (il ruolo del Fondo Monetario Internazionale nei golpe fascisti in America Latina penso che se lo ricordino un po’ tutti); improvvisamente in Inghilterra o in altri paesi questi enti sovranazionali diventano per incanto artefici di democrazia e di diritti civili. In realtà la situazione è la stessa solo che in Grecia l’opposizione ai memorandum è stata gestita attraverso gli scioperi generali e dalla prima Syriza mentre in Inghilterra l’opposizione dei laburisti si è ritirata nel momento topico e ne esce rafforzato Farage.

Basta questo per cambiare idea sul nocciolo della questione? Basta questo per dire che i lavoratori inglesi dovevano accettare supini altre privatizzazioni, altri tagli al welfare? Dovevano farlo perché qualcuno ha deciso che il “sentimento” principale della campagna era quello di destra? Stiamo attenti perché si rischiano dei paradossi molto pericolosi: se il Labour Party e le altre icone della sinistra inglese che ci piace (Ken Loach o Billy Bragg, per fare due nomi) avessero scelto (come sarebbe stato auspicabile) di sostenere la brexit il cosiddetto “sentimento” sarebbe stato diverso. Allora, quale è il problema? Dobbiamo in effetti decidere se hanno torto i lavoratori inglesi a lottare contro banche e padroni o se hanno ragione i rappresentanti della sinistra inglese che hanno scelto il remain? Non si tratta, si badi bene, di scegliere tra il popolo e il quartier generale, si tratta, più semplicemente, di chiedersi che razza di quartier generale è quello che ha perso totalmente i contatti con la sua classe di riferimento.

Per quel che sappiamo della sinistra inglese (che comunque era profondamente lacerata al proprio interno con le sue parti più combattive che hanno fatto campagna per il brexit), una posizione dell’intero Labour per la brexit era sostanzialmente impossibile. Primo per la cultura politica del Labour che non è la cultura marxista, secondo perché l’apparato della sinistra inglese, con molte trade unions, è cogestore di pezzi di welfare (i fondi pensione per esempio) che sono quotati in borsa e quindi tendono a ragionare in termini di compatibilità capitalistica. Ciò non toglie che molto spesso si rendano partecipi e promotori di lotte molto significative ma, in fondo, sono l’ala sinistra del sistema capitalista. Ciò non solleva affatto: la loro posizione è un aiuto fondamentale alla penetrazione delle idee di destra nei settori popolari. Allora, chi lavora per il nemico?

La sinistra filo UE che non rappresenta più le classi popolari o quella parte di sinistra che continua a cercare il nocciolo delle questioni e pone il problema dell’uscita dalla UE?

A questo punto ci si dirà che la questione della sovranità è una questione storicamente reazionaria. In realtà non è vero, basti pensare a tutta la sinistra latinoamericana, ma proviamo comunque a discutere anche di questo. Noi crediamo che il problema della sovranità va posto sul terreno della democrazia (anche quella parlamentare che non ci piace ma che, storicamente, è portatrice di alcune garanzie) e su quello c’è molto da dire. Viviamo in stati nazionali che sono obbligati a rispettare parametri monetari imposti in maniera totalmente antidemocratica, in cui il pareggio di bilancio è stato addirittura inserito in alcune Costituzioni (tra cui quella italiana e ciò significa, tra l’altro, che chi sfora nei bilanci magari per pagare salari, pensioni e ospedali, diventa di fatto un eversore). Viviamo in Stati dove governi eletti da maggioranze reali molto minoritarie (i governi vengono eletti spesso da percentuali reali intorno al 30% della popolazione attiva) applicano norme decise in altre sedi. Viviamo in Stati dove i lavoratori che protestano e scioperano vengono totalmente ignorati perché le leggi proposte sono considerate indispensabili dall’Unione Europea. Viviamo, per concludere, in Stati dove il giudizio dei cittadini e dei lavoratori viene totalmente ignorato. Il problema non è la sovranità, ma la democrazia.

Come comunisti, siamo anche internazionalisti. Siamo per l’abbattimento di tutte le frontiere. Siamo per l’internazionalizzazione delle lotte (e, sia detto per inciso, abbiamo organizzato presidi e manifestazioni in sostegno alle lotte dei lavoratori francesi; altro che nazionalismo…). Però sappiamo anche che dobbiamo tener conto del quadro politico che abbiamo di fronte. Sappiamo che l’Unione Europea è una costruzione di scopo che serve a degli obiettivi precisi di una classe sociale che è quella dei padroni. Sappiamo che abbatterla di per sé non significa niente se non provare a ricreare le condizioni per lo sviluppo dei conflitti e per far sì che questi conflitti portino a risultati tangibili. Ricostruire quindi le condizioni per provare di nuovo ad invertire la rotta politica che ci è stata imposta. Per questo sosteniamo la rottura dell’Unione Europea. Che L’unione Europea sia una cosa e l’Europa un’altra lo sanno tutti, bisogna agire di conseguenza.

A chi ci accusa di sostenere le posizioni politiche razziste di chi vuol ripristinare le frontiere rispondiamo che le repressioni sui migranti che si consumano in questi giorni sono condotte a nome dell’Unione Europea. A chi ci accusa di sostenere le stesse idee dei razzisti e dei fascisti rispondiamo che lo sviluppo e l’ascesa al potere dei neo nazisti in Ucraina è il risultato della politica estera della UE che ha creato il golpe di EuroMajdan. A chi ci accusa di essere reazionari rispondiamo che gli affari con lo stragista Erdogan li fa l’Unione Europea, le armi agli estremisti islamici le vendono le ditte che operano con totale regolarità nell’Unione Europea e che se esiste qualcuno che flirta con l’estrema destra non siamo di certo noi ma quei poteri che ci schiacciano, creano il nemico che più gli aggrada e lavorano a neutralizzare ogni forma di opposizione reale.

Comunisti su la testa!

Vinciamo il referendum di ottobre votando no

Rompiamo la gabbia dell’Unione Europea