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Centenario del Partito Comunista Cinese, una storia del nostro presente

Si sono conclusi, con una festa popolare e con il discorso del Presidente Xi Jinping, le commemorazioni per il centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese. Un partito nato con l’idea di esportare il socialismo e il marxismo in Cina, guidato per molto tempo da Mao Zedong(1). Per lunghi anni, il PCC ha condotto una lunga guerra contro l’invasione giapponese e poi contro il Kuomintang. Poi, nel 1949 la Rivoluzione e la nascita della Repubblica Popolare Cinese(2). Negli anni successivi la Cina ha affrontato molte situazioni. Il Grande Balzo(3) e poi la rivoluzione culturale(4). La rottura con l’Unione Sovietica fino alla riforme di Deng all’inizio degli anni ‘80(5). Per decenni paese poverissimo, negli anni ‘80 e ‘90 la Cina si avvia verso un gigantesco sviluppo economico e industriale. Per molti anni, l’accelerato sviluppo industriale causa l’aumento delle disuguaglianze sociali e l’avvio di un ciclo di lotte operaie diffuse e intense(6).

Negli anni recenti, la Cina ha colmato il gap tecnologico nei confronti delle potenze straniere, ha lavorato incessantemente per diminuire la povertà, ha aumentato i salari, ha migliorato enormemente le condizioni di vita dei lavoratori.

Molte cose sono ancora da compiere, molte zone del paese vivono ancora in condizioni di arretratezza. Ma il ruolo guida dello Stato e del PCC, la fedeltà al marxismo più volte ribadita, hanno permesso di ottenere risultati straordinari per il popolo cinese.

Lo Stato Cinese, sotto la guida di Xi Jinping è attualmente impegnato in una proiezione esterna dove si caratterizza per una politica tesa ad aumentare il livello di cooperazione tra popoli e stati. Senza imposizioni, senza guerre, senza invasioni militari, garantendo a tutti migliori condizioni di vita e migliori aspettative per il futuro.

La Cina, accusata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati/sudditi di essere responsabile per l’inizio della pandemia da Covid-19, ha dimostrato invece di essere in grado di combatterla con efficacia e celerità.

Oggi, gli Stati Uniti impongono ai paesi alleati, tra cui l’Italia, l’avvio di una nuova stagione di guerra fredda. Con sanzioni, blocchi commerciali e altro attraverso l’uso del solito armamentario propagandistico.

La Cina viene descritta come un sistema totalitario, repressivo, incapace di governare le differenze etniche e territoriali. Per alcuni compagni, la Cina rappresenterebbe invece una idea di socialismo totalmente inaccettabile in quanto basato su una forma di economia capitalista molto aggressiva nei confronti dei lavoratori. Se l’atteggiamento degli Stati imperialisti e dei media della borghesia non ci stupisce, l’atteggiamento denigratorio dei compagni occidentali è dovuto all’incapacità di comprendere le peculiari caratteristiche del marxismo in mondi in cui la cultura e le condizioni sono molto diverse da quelle a cui siamo abituati in Occidente. Non per questo, tale atteggiamento, pur comprensibile, ci sembra corretto.

Xi Jinping, nel discorso finale ha detto che la Cina sta sconfiggendo la povertà assoluta, ha diminuito le diseguaglianze, si è sviluppata in ogni campo. E ora, si appresta a sviluppare meglio il socialismo. In questo discorso non ci sono tracce di propaganda, non si dipinge nessun inesistente paradiso ma si ribadisce come sia in atto un lungo processo dove l’approdo sarà un sistema socialista ancora tutto da costruire.

Su molti media si sottolinea invece il fatto che le parole di Xi Jinping siano delle minacce. Il Presidente cinese ha infatti sottolineato che la Cina è pronta a rispondere a tutti coloro che la attaccano. E che la risposta sarà data da una “grande muraglia di acciaio” costituita da 1 miliardo e 400 milioni di cittadini.

La possibilità per la Cina di svilupparsi, di alimentare la collaborazione economica e politica nel mondo, di costruire un sistema di relazioni basato su differenti approcci collaborativi e non sullo sfruttamento, a noi non pare non una minaccia ma una possibilità per il futuro.

Come comunisti in Occidente, sappiamo che la costruzione del socialismo non può avvenire senza tener conto di ogni specificità culturale. Il nostro socialismo dovrà essere costruito in un modo che non potrà essere copiato dalla Cina o da altri.

Ma sappiamo anche che questa prospettiva futura è legata alla presenza del Partito Comunista Cinese, alla grande capacità dimostrata nella costruzione e nello sviluppo della Repubblica Popolare, alla grande capacità di cooperazione reale dimostrata in questi anni, ai grandi risultati ottenuti in termini di miglioramento delle condizioni di vita per tutto il proprio popolo.

Viva il PCC. Viva la Repubblica Popolare Cinese

Per la pace e la cooperazione tra popoli e stati

1) Li Daxhao e Chen Duxiu furono i fondatori del PCC nel 1921. Membri del Partito Socialista Cinese e animatori, nei primi anni del secolo, di agitazioni studentesche, riviste e associazioni. Li Daxhao era un bibliotecario, all’interno della biblioteca dell’Università di Pechino venne fondata la “Società per lo studio del marxismo” dove lavorava, come assistente, un giovane Mao Zedong.

2) L’arrivo alla Rivoluzione avviene per tappe, arretramenti e attraverso la nascita di due Fronti Unici con i nazionalisti del Kuomintang. Il primo in funzione anticoloniale contro gli inglesi, il secondo durante la guerra contro il Giappone. Durante il primo fronte unico, i comunisti vennero duramente repressi dal Kuomintang. Nel secondo fronte unico il PCC sapeva benissimo che si sarebbe trattato di una fase transitoria e che si sarebbe arrivati allo scontro con il Kuomintang. Nel 1946 viene di fatto sciolto il secondo fronte. Il primo ottobre 1949 i comunisti conquistano la roccaforte nazionalista di Nanchino. La guerra con il Kuomintang va avanti ancora per un anno fino alla ritirata dei nazionalisti nell’isola di Formosa.

3) Dal 1958 al 1961. Sotto la guida di Mao fu un tentativo di forzare lo sviluppo dell’industria e di modernizzare il comparto agricolo. Nonostante gli sforzi e i risultati ottenuti in molti campi, il bilancio non venne giudicato positivamente anche a causa dell’insorgere di massicce carestie. Nel 1961 Mao venne estromesso dalla Presidenza della Repubblica.

4) La rivoluzione culturale fu lanciata da Mao Zedong (rimasto a capo del partito ma estromesso dai vertici dello Stato) nel 1966. Termina nel 1969 quando Mao ritorna a capo della Repubblica e cerca di ricostruire l’ordine, minato alle fondamenta da una seconda rivoluzione lanciata contro le deviazioni borghesi interne. Mao sostituisce Deng Xiao Ping che aveva governato durante il periodo precedente. Il grande leader muore nel 1976 e viene sostituito da Hua Guofeng. Deng Xiao Ping ritorna nel comitato centrale del partito.

5) Dal 1981 il leader indiscusso è Deng Xiao Ping che ritorna in campo dopo decenni di oscuramento. Nel 1982 viene preso atto dell’arretratezza della Cina in molti campi, della povertà estrema diffusa. Le “quattro modernizzazioni” di Deng reintroducono il capitalismo in Cina, rimettono in campo la proprietà privata con ampi spazi di autonomia. Si sviluppano relazioni industriali e politiche con i paesi capitalisti. È l’avvio del socialismo di mercato cinese. La modernizzazione, all’inizio e per lunghi anni, acuisce le differenze sociali. Nel 1989 scoppia la rivolta di Tien An Men dove, tra le altre cose, trova spazio anche una critica da sinistra in nome degli ideali di Mao. La rivolta viene repressa.

6) Sulle lotte operaie in Cina si veda ad esempio “Nella fabbrica globale” di Ferruccio Gambino e Devi Sacchetto, Ombre Corte. Oppure i testi di Pun NGai (“Cina: la società armoniosa” editore Jaca Book). In questi testi lo sviluppo delle lotte operaie viene spiegato all’interno dello sviluppo cinese di quegli anni. Pur essendo libri molto critici verso numerosi comportamenti del PCC, contro la corruzione a molti livelli, è interessante come le lotte contro il governo centrale e contro i governi locali vengano spesso condotte facendo riferimento agli insegnamenti di Mao Zedong.

Collettivo Comunista Genova City Strike