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Il processo indipendentista in Catalunya

Di seguito la relazione del compagno Icar Ranzo della SEPC (sindacato studentesco del paese catalano) all’incontro Catalunya Ara tenuto a Genova il 20 giugno

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Quando si fa riferimento al processo di indipendenza catalana, si parla di una sequenza di eventi politici che dal 2010 hanno posto il dibattito sulla sovranità di una parte dei paesi catalani al centro dell’arena politica. Non solo in Catalogna, ma anche nel resto dello Stato spagnolo. Questo processo ha innescato cambiamenti significativi nella società catalana che dovrebbero essere analizzati da un punto di vista politico e sociologico.

L’inizio del processo è determinato da due elementi fondamentali: da un lato, le consultazioni popolari sull’indipendenza che, a partire dal 2009, hanno avviato l’organizzazione di diversi movimenti sociali in tanti villaggi della Catalogna. Queste consultazioni hanno facilitato l’agglutinarsi delle forze attorno alle aspirazioni sovraniste e hanno portato all’avanguardia il movimento pro-indipendenza. Dall’altra parte, nel 2010, la Corte Costituzionale spagnola, fortemente influenzata dalle istituzioni politiche spagnole, ha emesso una sentenza che ha soppresso parti significative dello Statuto della Catalogna – la legge regionale con il più alto status autonomo- approvato in un referendum nel 2006. La massiccia dimostrazione convocata l’11 settembre dello stesso anno per dare una risposta alla sentenza della Corte ha raccolto circa un milione e mezzo di persone. In altre parole, più del 20% della popolazione catalana è sceso in piazza contro l’atteggiamento dello Stato spagnolo. A questo punto non era possibile alcun passo indietro e alcune parti significative del popolo catalano cominciarono a vedere lo Stato spagnolo come uno strumento non riformabile. La nostra tesi è stata socializzata tra le masse e lo Stato spagnolo ha cominciato ad essere identificato come soggetto oppressore che imponeva una tendenza di ricentralizzazione, che non avrebbe mai mostrato alcun rispetto al nostro diritto di autodeterminazione e alla sovranità. Ha cominciato a essere considerato come un’organizzazione privata che continuava a ridurre i nostri diritti democratici e sociali e peggiorare la nostra vita e le condizioni di lavoro per assicurare i privilegi delle borghesie spagnole, del loro establishment politico e delle elite europee.

A causa della continuità posizione ferma dello Stato spagnolo, a partire dall’11 settembre fino ad oggi, la società catalana è stata mobilitata in maniera massiccia chiedendo una risposta ai propri rappresentanti politici. Una risposta che, in questo momento, necessariamente, richiede la rottura con lo Stato spagnolo e l’istituzione di una nuova Repubblica. Davanti a questo tsunami di mobilitazione popolare, l’establishment politico catalano è stato costretto a tenere il passo con la società organizzata: il terremoto politico scatenato ha totalmente modificato la panoramica della rappresentanza parlamentare catalana che ha bruscamente deviato a sinistra. Nonostante ciò che viene affermato da alcuni dei settori spagnoli di sinistra, i lavoratori catalani sono stati la forza motrice di tale processo di autodeterminazione. La borghesia autonoma catalana, intesa come agente politico, ha ovviamente avuto e ha ancora la capacità di influenzare il processo di indipendenza. Tuttavia non lo alimenta e neppure può controllarlo. Il processo gli ha piuttosto causato problemi quando si tratta di lavorare per mantenere i lsuoi privilegi, in quanto i loro rapporti commerciali e di classe si trovano principalmente con la borghesia spagnola e basca. Per questo la borghesia catalana non ha veramente bisogno di romperre con tali borghesie. Tuttavia, i partiti politici sono stati costretti a chiarire la loro posizione sul conflitto nazionale per non essere travolti dal dibattito politico. La prova di tutto questo è evidente effettuando, anche superficialmente, uno studio politico comparato sull’evoluzione del discorso politico di ogni partito politico catalano negli ultimi anni in relazione a determinati temi (giustizia sociale, femminismo e politiche di uguaglianza …) e analizzandone i risultati elettorali (caratterizzati da un aumento delle forze di sinistra e anticapitaliste).

Inoltre, il processo di indipendenza in Catalogna è uno dei più forti tra i processi di rottura che si svolgono oggi in Europa: un progetto politico che impatta frontalmente con la natura reale dello Stato Spagnolo: una monarchia nata e costruita dal regime di Franco, un paese in cui i criminali della dittatura non sono mai stati giudicati, dove la libertà di espressione non esiste e dove il dispotismo e la corruzione impuniti vengono premiati. Il progetto catalano della Costruzione Nazionale sfida i privilegi della borghesia aggredendo la condizione nazionale e di classe e la crisi politica (crisi del regime) nello Stato Spagnolo.

Molte iniziative civili sono state lanciate negli ultimi 5 anni riguardanti diversi aspetti legati alla costruzione nazionale e ogni 11 settembre, tra 1,5 e 2,5 milioni di persone sono scese in piazza (manifestazioni, catene umane, ecc.). Il 9 novembre 2014 si è tenuta una consultazione popolare non vincolante sull’indipendenza della Catalogna, chiamata dal governo catalano, in cui hanno votato 2.305.290 persone (quasi il 40% dei cittadini caventi diritto al voto). I risultati sono stati chiari, anche se la consultazione non era vincolante e la questione è stata posta in un modo confuso e truffaldino: “Vuoi che la Catalogna diventi uno Stato?” Sì o no; E in caso di risposta affermativa, “Vuoi che questi presunti Stati siano indipendenti?” Sì o no. Il 91,9% degli elettori ha risposto Sì alla prima domanda e 80,91% di loro hanno risposto con due sì a entrambe le domande.

Dopo questa consultazione non vincolante, il governo catalano ha chiesto elezioni plebiscitarie, finalmente ascoltando le richieste del popolo catalano che ha voluto esprimersi definitivamente in un’elezione legale – abbiamo compreso che tenere una consultazione popolare non vincolante era una grave sottomissione ai tentativi spagnoli di proibire l’autodeterminazione proprio attraverso l’impugnazione legale di un referendum vincolante.

Nelle elezioni politiche, che si sono svolte il 27 settembre del 2015 due diverse coalizioni avevano concordato un punto fondamentale nei loro programmi: condurre la Catalogna verso la sua indipendenza entro la prossima legislatura che sarebbe stata l’ultima come parte dello Stato spagnolo. Legislatura che avrebbe finito il suo lavoro dichiarando l’Indipendenza e chiedendo l’elezione di una Assemblea Costituente. Queste due coalizioni erano JxS (Junts pel Sí: un gruppo molto trasversale formato dai liberali nazionalisti e dal centro-destra oltre che dal centro-sinistra indipendente e da alcuni indipendenti provenienti dal movimento civile pro-indipendente) e la CUP (Candidatura d’Unitat Popular , Il partito e fronte di massa del Movimento catalano per la Liberazione Nazionale che si dichiara pubblicamente socialista e femminista). I risultati delle elezioni hanno dato 62 seggi a JxS e 10 sieggi alla CUP – 72 su 135 posti che rappresentano una maggioranza assoluta. I partiti contro l’indipendenza hanno ottenuto 52 su 135 seggi, il resto andato a una coalizione di sinistra CSQP (Catalunya Sí Que es Pot) che non ha una posizione chiara espressa sull’indipendenza. Nel futuro probabilimente appoggeranno Catalunya en Comú, il partito della sindaca Di Barcellona Ada Colau finendo probabilmente per sostenere il referendum unilaterale, perche il conflitto si sta trasformando non solo in una questione di rottura con la Spagna, ma in un problema democratico.

Dopo il plebiscito il Parlamento catalano aveva un chiaro mandato popolare per andare avanti verso una rottura democratica con lo Stato spagnolo e per iniziare a costruire le strutture statali necessarie per sostenere una Repubblica indipendente. Di conseguenza, il nostro Parlamento ha approvato diverse proposte e leggi in proposito: proporre un referendum vincolante come ultimo passo precedente alla Dichiarazione di Indipendenza e all’attivazione legale delle strutture statali, che sono intanto in fase di costruzione e legislazione. Tuttavia, nonostante i ripetuti tentativi di negoziare un referendum vincolante concordato con lo Stato spagnolo, è stato impossibile farli spostare dal loro rifiuto.

Verosimilmente una collisione diretta con lo Stato spagnolo sembra inevitabile: il governo spagnolo del PP (Partido Popolare, il partito di destra conservatore) con il sostegno esplicito dei neoliberali di Ciudadanos e il sostegno implicito di PSOE (l’altro grande Partito nel sistema elettorale bipartitista spagnolo, insieme al PP) ha dimostrato chiaramente l’opposizione a questo referendum vincolante.

La loro strategia parallela consiste nell’intensificare l’assalto repressivo contro i rappresentanti indipendentisti democraticamente eletti e contro i movimenti popolari. Il governo spagnolo utilizza la Corte costituzionale spagnola e il resto della giustizia come strumenti politici, impedendo qualsiasi illusione sull’esistenza della cosiddetta “separazione dei poteri”: questa Corte ha ripetutamente sospeso tutte le Nuove legislazioni approvate nel Parlamento catalano, attraverso ordini del governo centrale. Questa nuova legislazione era molto progressista (assicurando i diritti di alloggio, promuovendo l’uguaglianza di genere, combattendo la povertà energetica, aumentando le tasse alle banche …) e questo ha fatto sì che queste misure repressive hanno fatto crescere il movimento pro-indipendenza. La soppressione della separazione dei poteri non sta accadendo solo con la Corte Costituzionale, ma anche con la Audiencia Nacional– tribunale creato durante il regime Franco – che è lo strumento repressivo preferito contro i movimenti popolari che minacciano l’unità dello Stato spagnolo e i suoi simboli, sia nei paesi catalani che in altre nazioni come il Paese Basco.

La situazione si è spinta fino all’incriminazione dell‘ex presidente del governo catalano (Artur Mas) e di due ex ministri, uno dei quali ancora membro nel nostro parlamento,. Tali esponenti sono stati condannati a due anni di interdizione, quindi non possono presentarsi a nessuna elezione politica e neppure intervenire liberamente nell’eserzicio politico. Il loro unico crimine è stato obbedire al popolo catalano e facilitare la consultazione popolare non vincolante per l’indipendenza della Catalogna che si è svolta il 9 novembre 2014. E non solo: la presidente del Parlamento catalano sarà giudicata entro il mese prossimo. È accusata di aver disobbedito alla Corte Costituzionale permettendo un normale dibattito parlamentare riguardante l’illegittimità dei tribunali spagnoli. Come conseguenza di questo processo giudiziario contro di lei esattamente come tanti altri dei nostri funzionari eletti che saranno processati, la presidente del Parlamento catalano sarà probabilmente interdetta nei prossimi mesi. Valutiamo che queste condanne dei principali leader eletti politici e la ripetuta sospensione delle nostre leggi sia un attacco definitivo alla nostra sovranità, alle nostre istituzioni e al nucleo principale della democrazia.

In questa situazione, negli ultimi mesi il popolo catalano ha rivendicato un referendum vincolante unilaterale sull’indipendenza della Catalogna. La maggioranza parlamentare pro-indipendenza ci sta attualmente lavorando, e dovrebbe essere pronto entro la fine di settembre 2017, mentre le strutture della nuova Repubblica si costruiranno solo nel caso in cui il SI prevalga, come si prevede. Non c’è dubbio che, di fronte al reale disimpegno implicito in una chiamata per un referendum vincolante e nell’approvazione delle leggi transitorie verso la Repubblica catalana, la risposta dello Stato spagnolo sarà molto più dura. Riteniamo che le seguenti situazioni siano possibili:

  • 1. Il governo spagnolo potrebbe sospendere l’autonomia catalana e le nostre istituzioni politiche, trasferendo il controllo politico della Catalogna a Madrid.

  • 2. Alcuni comandi militari e di polizia stanno organizzandosi per utilizzare le forze armate e impedire la celebrazione del referendum unilaterale vincolante, chiudendo i seggi elettorali e per bloccare l’accesso al voto.

  • 3. Il governo spagnolo ha appena inviato una relazione alla Commissione di Venezia (parte del Consiglio europeo) che giustificava la necessità di dichiarare lo stato di eccezione in caso di rottura imminente dell’Unità spagnola.

Naturalmente, il popolo catalano è pronto a rispondere a tutto questo: il movimento popolare e le organizzazioni civiche che guidano le masse stanno già parlando di occupare le infrastrutture o le scuole eseggio a tempo indeterminato o di tenere azioni di resistenza passiva. Pronuovendo nuovamente massicce dimostrazioni, andando ad uno sciopero generale e mettendo in campo tutto ciò che si renderà necessario